CERCASI COSCIENZA NEL MARE DEI LUOGHI COMUNI

Nessuno vuol dire che il re è nudo, ci contentiamo di perifrasi sibilline e contorte: le parole fanno paura. Ma è certo che il mondo occidentale sta vedendo crollarsi addosso tutte le finte certezze. Il concetto di “umanitario” e quello di “pacifista” prendono schiaffi alla grande. Penso al povero Arrigoni, convinto in buona fede di esserlo, pacifista: chiamava “ratti“ gli Israeliani. Ma anche Gheddafi, quando è scoppiata la rivolta, ha datto dei “ratti” ai rivoltosi, e questa è stata una delle giustificazioni surreali delle scorribande aeree di Sarko.

Da cio’ si possono fare alcune svariate deduzioni: la prima è che forse esistono “ratti in senso buono” e “ratti in senso cattivo”, oppure ad un occidentale che si definisce pacifista è permesso dire “ratti” agli Ebrei che non gli hanno fatto nulla, (anzi è cosa buona e giusta) invece un colonnello libico, se non vuole beccarsi razzi sulla zucca dovrebbe dare dei “gentili signori” ai ribelli che non vengono precisamente armati di fiorellini e caramelle.

Sull’antisemitismo ci fanno lezioni, prolusioni, articolessacchioni, Rai Tre ci appesantisce gli zebedei con documentari su Hitler ad ogni ora del giorno e della notte, l’antisemitismo pacifista invece non solo è tollerato, ma ammirato. E’ vero, i pacifisti non sparano, ma sono oggettivamente e fattualmente schierati sempre e comunque con gli aggressori di Israele.

Un mito che si sgretola come un idolo di argilla è l’unione europea. Intanto non si capisce unione di che, abbiamo la stessa moneta, brutta l’accipicchia, ma ci serve ad avere un cambio stabile: si, ma a che prezzo, visto che un giorno si ed un giorno pure dobbiamo correre in aiuto di stati sull’orlo del fallimento e poi ci dicono che comunque a rischio di fallimento ci siamo tutti. Moneta unica con stress, e per il resto? Politica estera? Niet. Esercito in comune? Niet. Politiche culturali? Niet. Politiche sull’immigrazione? Niet.

Abbiamo una Commissione Europea insediata per diritto divino, ed un ornamentale costoso parlamento europeo che non conta un piffero. E’ stata scritta una costituzione che non si capisce, semplicemente perché non dice nulla e “sciolti si balla”. Ma se poi uno dotato di senso pratico come Maroni dice papale papale: ma che ci stiamo a fare? Vien giù il diluvio delle indignazioni multiple degli intellettuali pronti a tacciarlo di cafonaggine becera perché incapace di idolatrare gli alti valori dello spirito europeo.

Quali, di grazia? Vorremmo tanto saperlo. Neanche sulle norme che hanno scritto riescono a mettersi d’accordo. Diceva mio nonno “chi non capisce la sua scrittura è un asino di natura”. Ma guai a dare degli “asini” agli euroburocrati, per carità.

Tralasciamo per non annoiare il lettore altri luoghi comuni esteri come Onu, risoluzioni, guerre umanitarie e pure Obama (sì, mettiamoci pure lui perché il luogo comune è che se uno è di colore dev’essere intelligente per forza) e torniamo a casa nostra, per esaminare la madre di tutti i luoghi comuni: “Bisogna avere fiducia nella giustizia”.

Perché? Il rapporto di fiducia si instaura fra due soggetti che si riconoscono e si accettano reciprocamente. Ora è lapalissiano che il potere giudiziario da vent’anni a questa parte non riconosce potere legislativo, e nemmeno quello esecutivo visto che fabbrica e sfabbrica leggi e si occupa unicamente di mettere sotto processo i nostri delegati, tranne quelli che diventano delegati speciali passando tranquillamente dalla magistratura alla politica. E non crediate di sfuggire all’ideologia delle sentenze se siete “apolitici”: le sentenze non ideologizzate non esistono più da un pezzo, perché nella migliore delle ipotesi e con tutte le migliori intenzioni sono frutto del conformismo dilagante. Si prendono dei “cattivi esemplari” ed esemplarmente si condannano per tranquillizzare l’opinione pubblica e far si che nulla cambi, se non in peggio.

Di assurdo in assurdo, stiamo facendo a pezzi la coscienza che è la sola stella che andrebbe seguita cercandola ad occhio nudo, con il binocolo, il telescopio in questa notte buia. La disumanità incede senza ostacoli. Una volta Goethe, viaggiando in Italia si trovo’ in diligenza con un nostro conterraneo, che lo osservava incuriosito ed anche un po’ inquieto. Siamo loquaci, si sa, ed un compagno di viaggio taciturno ci suona strano. Lo scrittore osservava il paesaggio che gli sfilava davanti, dal finestrino, forse per raccogliere le splendide suggestioni che avrebbe poi riportato nel suo “Viaggio in Italia”. A un tratto – era un po’ che avrebbe voluto dirlo, ma si tratteneva – l’uomo si rivolse allo scrittore e gli disse: ”Signore, non pensi: pensare fa male”. Ed infatti, noi non pensiamo più. Ma non per questo stiamo meglio.

 

Angela Piscitelli, 18 aprile 2011

Zona di frontiera (Facebook) – zonadifrontiera.org (Sito Web)
18 aprile 2011


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