Ogni famiglia che si rispetti ha un servizio d’intelligence. Sembra una bazzecola, ma è essenziale per l’ottimo funzionamento della compagine. Perché al di là di tutte le rettoriche buoniste, lo sanno anche le pietre che “homo homini lupus” ed anche la signora del piano di sopra può essere un acerrimo nemico. È utile quindi, in mancanza delle tate del Cilento (estinte), che sapevano fare gli gnocchi ed erano delle vere e proprie Mata Hari col grembiulone, e dei portieri, indefessi fabbricatori di profumati ragù dotati di superudito e supermemoria, ognuno si organizza come può. Si addestra un vicino, un amico di famiglia, il cane, per venire in possesso in tempo reale di tutte le informazioni indispensabili alla difesa. I paeselli poi sono degli inesauribili vivai di spie professionali. Ricordo sempre con ammirazione la rete spontanea di informatori che operava nel mio villaggio quando calarono a casa mia, belle olandesi au pair. Altissime e biondissime in un mondo di pigmei scuri, le walkirie, davano più o meno una mano in casa come da accordi, e poi sparivano lungamente inghiottite nelle campagne circostanti. La cosa non ci disturbava, né ci incuriosiva più di tanto. Ma l’intelligence torellese riteneva che i castellani fossero ben incoscienti a non curarsi delle possibili quinte colonne e cavalli di Troia che attraverso “le straniere” avrebbero potuto aprire una breccia ed espungnare la fortezza. I servizi segreti non devono aspettare l’input dall’alto. Devono essere sempre sentinelle all’erta. Ed all’erta stavano.
Fu così che la cabina telefonica della piazza si trasformò in centrale operativa. I volontari erano coordinati da un signore celibe con una testa perfettamente quadrata, un tredicipollici in bianco e nero che avrebbe battuto ogni sofisticato computer di oggi in quanto a stoccaggio ed elaborazione dati. Noi perdemmo il sonno. Dato che le informative arrivavano, non richieste, pure a notte fonda, “per il nostro bene”.
Anche i parroci, al terzo bicchiere di rosso, risultano estremamente efficaci. Per non parlare dei gestori di tutti i Caffè Sport dell’Italia Meridionale, sempre in numero di due, nei paesi per poter procedere a controlli incrociati di due diverse estrazioni politiche. Funzionava in quel tempo anche un eccellente servizio antiraket, nella persona di tal Mariuccia – alimentari e generi diversi – novantenne, che inseguì con un forcone, ululando come una jena, un malcapitato campano cui era venuto in mente – pessima idea – di andarle a chiedere un pizzo. In realtà non si sa bene se si trattasse invece di un marito zelante in cerca di pizzi per la sottana della consorte: tanto fulminante fu la reazione che da allora nessuno ha mai più tentato di chieder né pizzo, né pizzi.
L’intelligence opera con risultati straordinari anche in trasferta. Memorabile il blitz di un altra punta di diamante (nome di battaglia: Rastone, che in lingua madre vuol dire uccello rapace di lunga vista) che fu capace di presentarsi con un’intera scolaresca nell’appartamento di Parigi, col pretesto di mostrare la città dall’alto e con l’intento di controllare a sorpresa un nostro nipote un po’ intemperante.
Insomma, a difetto delle scuole di specializzazione che esistono in tutta Europa e formano agenti segreti, possediamo non sfruttati giacimenti di maestria investigativa. Perché una cosa è certa: al Castello di Torella del Sannio giammai, sarebbe potuta o potrebbe entrare, una signorina col registratore nelle mutande. Giammai un turista potrebbe fotografare, senza essere schedato ed accompagnato alla porta, il mirabile scopillo a forma di ippopotamo che troneggia nel bagno del maniero. E se uno dei numerosi notabili francesi che frequentano spesso e volentieri in estate la nostra magione tentasse di vendere una pistola, un coltelluzzo, un triccotracco ai nemici d’un maniero che intrattiene con il nostro rapporti di collaborazione o di amicizia, sarebbe certamente accerchiato da Tredicipollici e svergognato davanti al monumento all’Alpino. Ed è per questa ragione, che pur immersi in un autentico medioevo, non corriamo pericoli di guerre civili ed incivili. Ed in questo siamo più fortunati e meglio attrezzati del Cav. Certo, Bettino Craxi salvò Gheddafi da un bombardamento. E non gli avevamo mica prestato il nostro Tredicipollici.
Di tutto questo trafficar di armi, e di tutti questi cespugli semoventi al suono della marsigliese, possibile non si fosse accorto nessuno? E questo nessuno acchiappator di farfalle del deserto, non andrebbe casomai posizionato a controllare perpetuamente lo sciacquone di casa sua? Oppure in alternativa, si cambino le diciture di “servizi segreti” e “intelligence”, perché siano chiare le funzioni: “disservizi segreti” e “scemence”. Corpi speciali della demeritocrazia italiana.
Angela Piscitelli, 30 marzo 2011
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