VERITÀ IN ESILIO


 
Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Ci siamo slogati le scapole a furia di sbandierare tricolori. Sgolati a cantare l’inno di Mameli. E abbiamo gli occhi come Gasparri per troppa commozione e troppa televisione.

Ed ora, come sempre accade la notte della festa in famiglia, quando partito l’ultimo invitato possiamo infilare le pantofole e sederci, chiediamo: è andato tutto bene, si sono divertiti tutti?

No, non è andata troppo bene. Nonostante la buona volontà del Presidente Napolitano e l’impeccabile tempismo delle frecce tricolori all’alzabandiera, non siamo contenti. Avremmo voluto che tutti gli uomini e le donne delle istituzioni fossero presenti, non per la qualità degli assenti – che si è capito, non valgono un granché – ,ma perché sarebbe stato loro dovere onorare il ruolo che essi ricoprono e tutti gli Italiani che essi rappresentano. Avremmo voluto che non fosse fischiato il Ministro della difesa dai soliti pacifistidistopiffero e neanche le contestazioni al Presidente del Consiglio. Badate, non è una riflessione di parte. Fossero stati Vendola e Bersani, ci sarebbe dispiaciuto ugualmente. E ci piacerebbe poter incontrare vis à vis uno di quei contestatori sbandieratori a piripacchio per acchiapparlo per il bavero e soffiarci sulla faccia: “ohei, che sbandieri? Se ti senti davvero Italiano, puoi anche non avere la coccarda, ma sei obbligato a rispettare coloro che stai fischiando perché fischiando le Istituzioni, stai fischiando la Patria.

Ma noi siamo cosi’, provinciali e superficiali. Ci prendiamo il lusso di far polemiche e scenette giusto perché crediamo che la realtà sia una cosa di mezzo tra il grande fratello e il salotto di Vespa. E non siamo capaci di far la differenza tra Gianni Morandi e Giancarlo Giannini, tra Vecchioni e Manzoni. Lo ha ben compreso Vittorio Sgarbi che per far entrare nelle nostre zucche con l’eco (maiuscolo e minuscolo) l’idea che la Patria sia “cosa spirituale” e che coincida con la storia e la bellezza, è costretto a far la commedia dell’arte, seduto su un trono dorato e con la banda di Salemi.

E intanto, mentre la parodia della festa andava in onda, crollava in diretta la settecentesca villa Lancellotti al Miglio d’oro. E tutti a filmare con i telefonini il loro miserrimo scoop domestico senza disappunto alcuno.

E intanto l’Onu si prendeva il lusso di dichiarare una guerra, a due passi da noi, per chi sa quali interessi che non ci interessano a un dittatore che è esattamente sanguinario come tutti gli altri dittatori, ma che ha la colpa di non indossare giacche convenzionali, come ad esempio Almadinejad e di non essere come gli altri, ipocrita. Il vecchio rais stava vincendo la sua guerra, con i suoi metodi. La storia, se ce ne sarà una, ci dirà quanto di vero ci fosse tra i suoi proclami appassionati ed i suoi avvertimenti: propaganda e verità convivono laggiù, dove la democrazia resta una chimera, e la democrazia esportata una menzogna strumentale a pochi.

Ed a nessuno, ma proprio a nessuno è venuto in testa che se in questo momento la nostra voce è debole, se siamo costretti ad abbassarci i pantaloni con grazia e ingiustizia ed unirci al coro (non quello benemerito del Nabucco che chiede cultura, ma quello stonato delle nazioni disunite che chiedono potere) è perché ci siamo esercitati a fiaccare il Capo del Governo e la sua compagine, sberleffandola su tutte le tribune del mondo, e realizzando in diretta tivì il perfetto alto tradimento a beneficio di altri disegni, e di altri interessi. E’ lecito domandarsi, a questo punto, se i veggenti della fantapolitica non abbiano un po’ ragione quando ci sgranano le loro farraginose ed inquietanti teorie sui complotti mondiali. Ed è vero che L’Europa del terzo millennio ha spento la luce nelle antiche botteghe, dove mani febbrili e solerti fabbricavano la storia per tutti i figli, ed accende minacciose ed asettiche banche in ogni villaggio.

E forse, lo sa Berlusconi che ha smesso di sorridere alla speranza. Lo sa Bondi, scivolato via come un intruso facendo perdere le tracce di se stesso. “Nei nidi di quest’anno non ci sono passeri”. Lo sa forse Muti e le fulgide sacerdotesse del suo coro, che cantano e piangono per ricordarci che finché c’è musica, c’è arte, c’è ancora vita.

Già, la Patria. Terra dei padri. Sacrificata sull’altare della retorica da cinquant’anni di tradimenti. Le sole parole di fierezza le abbiamo sentite da un giovane re senza trono. A noi, sparuti Italiani per amore e stirpe, il patriottismo autentico non è concesso. La verità è in esilio. Nessun decreto governativo può farla tornare.

 

Angela Piscitelli, 18 marzo 2011

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